Mentre Luisa* parla, immagino una casa grande con tante foto incorniciate appese alle pareti, scatti di famiglia, tanti sorrisi stampati a colori e in bianco e nero. In quella casa vivono tre bambini con un’età che va dalle elementari all’adolescenza e li immagino che stanno facendo colazione con il loro papà. È un giorno qualsiasi di una mattina qualsiasi. Poco dopo entra in casa la mamma, si siede con loro e fa colazione anche lei. È sorridente e chiacchiera con i figli. Malgrado non si siano visti per alcuni giorni, è come se fosse sempre stata con loro. Finita la colazione, il papà si alza e parte per il lavoro salutando tutti.
Potrebbe essere un quadretto famigliare di genitori che lavorano a turni, di notte e che si danno il cambio. Invece è la storia di Luisa, dei suoi bambini, del papà dei figli, della loro casa ma soprattutto della loro separazione.
Luisa mi racconta con grande chiarezza e consapevolezza ciò che è successo alla loro coppia, come siano riusciti a sopravvivere alla separazione e come abbiano scelto di garantire ai bambini di rimanere sempre nella loro casa di origine. Nel nido familiare, in cui vive e continua a crescere la storia della loro famiglia.
Durante l’intervista Luisa è seduta in un bar, c’è vita attorno a lei. Emana un’energia molto positiva e racconta la sua storia con l’intento di dire che “ce la si può fare, c’è una vita dopo la separazione”.
Lei e suo marito si sono lentamente allontanati, andando avanti con gli anni ognuno ha sviluppato nuovi bisogni e nuovi desideri. Quando il marito acconsente e propone di andare in terapia di coppia, per lei era ormai troppo tardi.
“Il divorzio o la separazione non facevano parte della realtà delle nostre famiglie di origine, non erano contemplati. Non esistevano nel vocabolario condiviso e semplicemente non erano un’opzione” racconta Luisa “Abbiamo però trovato il coraggio di affrontare l’argomento rompendo questo tabù. È stato come un travaglio. Non è stata una passeggiata, c’era tanto dolore e si è esteso per mesi, ma alla fine siamo molto grati di aver trovato una nuova realtà in cui si cerca di mantenere la serenità di tutti”.
“Ci sono stati, per fortuna, solo pochi mesi in cui abbiamo dato il peggio di noi stessi, in cui siamo caduti un po’ in basso e in cui sono emerse emozioni forti e difficili da gestire. Durante il processo di separazione di una coppia spesso accade che sia uno dei compagni o coniugi a prendere la decisione e l’altro a subirla maggiormente. È difficile per entrambe le parti, ma bisogna prendersi cura di tutte le emozioni che emergono e provare a parlarne per il bene dei figli”.
“Quasi da subito”, continua Luisa “abbiamo sentito il forte bisogno di mettere i figli al centro dei nostri pensieri e abbiamo messo la loro serenità come obiettivo principale in questa separazione”. Da entrambe le parti, un processo naturale che è avvenuto quasi in contemporanea. Per ciascuno, con la coscienza da genitore, è prevalso il desiderio di dare priorità ai bambini e di mettere il focus sul loro benessere. È stato d’aiuto perché nei momenti in cui affioravano le ferite più adulte, legate alla coppia che si stava separando, i due genitori potevano investire i pensieri in maniera positiva e costruttiva mettendo al primo posto i bambini. L’obiettivo era chiaro per entrambi e anche in che modo raggiungerlo.
Marito e moglie, la coppia apparteneva al passato ma potevano continuare a essere genitori nel qui e ora e anche in futuro.
Per questa ragione hanno deciso di mantenere la casa di origine come nido familiare e di affittare altri due appartamenti piccoli per ciascun adulto.
“Per fortuna siamo sempre stati molto allineati per quanto riguarda la questione educativa dei figli, quindi è tuttora più facile andare d’accordo come mamma e papà”.
Luisa racconta che già prima della separazione i due coniugi si sono suddivisi la cura e l’accudimento dei figli lavorando entrambi part-time. Uno dei due restava sempre a casa. Si davano il cambio, come stanno facendo ora.
“Il bello che c’è stato, si mantiene” dice e aggiunge: “Se già prima della separazione una coppia investe molto nella genitorialità e sulla valorizzazione dell’altro, sarà tutto di guadagnato in caso di separazione. Perché sarà più facile “salvare” quella parte e renderla un punto a favore.”
“Eravamo tanto genitori anche prima”
Continuare a essere genitori e mettere tutte le energie in quell’ambito aiuta ad apprezzare l’ex compagna/o per il padre e la madre che è.
E questo è fondamentale e rassicurante anche per i bambini. Sentire che mamma e papà riescono a investire in una relazione, non più come amanti in una coppia bensì come genitori e stimarsi e andare d’accordo.
“Nonstante ciò non siamo amici, ma appunto genitori. Festeggiamo i compleanni assieme e anche un giorno delle festività natalizie. Non c’è confusione di ruoli o di affetti, non dovrebbero così nascere false speranze.”
In conclusione, chiedo incuriosita se questa scelta del nido famigliare non comporti una spesa eccessiva, dato che in tutto hanno tre abitazioni. La risposta mi stupisce: i due appartamenti piccoli hanno un costo simile di uno sufficientemente grande da accogliere un genitore e ospitare anche i bambini. Pensiamo anche ai doppi materiali che servirebbero per rendere i due luoghi di vita accoglienti, comodi e idonei per i tre figli.
Luisa tocca un altro aspetto molto importante: la solidarietà tra genitori. Scegliendo questa opzione nella coppia non c’è un perdente.
Mantenendo la casa originaria non c’è nessuno che se ne debba andare del tutto dal luogo degli affetti. Nessuno dei due coniugi perde tutto, nessuno dei due deve ricominciare da capo cercando un appartamento nuovo, nessuno deve arredare una casa nuova e riempirla piano piano di nuovi ricordi e affetti. Così si pensa a tutto assieme. Un altro tassello fondamentale dell’alleanza genitoriale.
“Bisogna essere in due per fare figli e bisogna essere in due per separarsi in modo responsabile nei confronti dei figli. Ciascuno fa dei passi in accordo con l’altro/a.”
Ciò che affascina di questo racconto è certamente la lucidità e la grandezza dell’alleanza genitoriale. Il desiderio di dare continuità ai bambini vivendo in una casa che cresce con loro, che ospita i bambini tutto il tempo garantendo loro la routine di sempre.
Le foto continuano a essere scattate e appese, la casa è decorata seguendo le stagioni e continua a essere viva. Luisa confida che si sente ancora completamente e totalmente a casa lì. “È la casa della famiglia, che i genitori hanno scelto come unico luogo di vita per i loro figli”.
*Il nome è di fantasia.
Storia raccolta e scritta da Marlène Bucher
La soluzione adottata da Luisa e dal suo ex-marito è una forma particolare di custodia alternata, chiamata modello “del nido familiare” o “nesting”. Ancora poco diffusa in Svizzera italiana, questa soluzione è praticata già da diversi anni ad esempio nei paesi Anglosassoni.
A differenza della custodia alternata ‘classica’, non sono i bambini a doversi dividere tra due abitazioni, ma i genitori. Poter restare nella propria casa e continuare a vivere lì con entrambi i genitori, seppur in momenti distinti, può dare stabilità ai figli e aiutarli ad affrontare la separazione. È tuttavia importante essere sempre chiari con i propri figli e non far nascere in loro l’illusione che i genitori possano tornare insieme.
Ancor più della custodia alternata di tipo ‘classico’, questo modello necessita ottime capacità di collaborazione e comunicazione tra genitori e modelli educativi condivisi.
Spesso si tratta di una soluzione in qualche modo transitoria, adottata nei primi anni successivi alla separazione. L’arrivo di un eventuale nuovo partner e l’allargamento della famiglia, la crescita dei figli o altri cambiamenti personali o professionali, possono infatti portare alla scelta di adottare nuovi equilibri e altre modalità di custodia.