L’ascolto dei figli

Spunti forniti da Agnese Figus, psicologa, consulente familiare (Centro Coppia Famiglia) e delegata all’audizione del minore

La riflessione su quale modello di custodia applicare – custodia alternata o custodia esclusiva – segue il fatto che due genitori hanno deciso di separarsi. Cosa passa nella testa dei figli quando, a un certo punto, si sentono dire che la famiglia si trasforma?

Soggetti attivi della separazione

C’è una decisione che è stata presa – la separazione – , una decisione importante, una decisione che li coinvolge, che li riguarda proprio come soggetti attivi, parti di una trasformazione, da cui scaturisce la necessità, il bisogno, anche il diritto (che è proprio sancito dalla legge) di poter esprimere quello che stanno vivendo, quello che stanno attraversando, quelli che sono i loro bisogni, con l’obiettivo di dare ai genitori le informazioni necessarie per prendere le decisioni giuste. Dunque, aiutati anche dalle parole dei figli, dai loro desideri, dalle loro considerazioni, i genitori possono riflettere su quali sono le decisioni giuste per il benessere della della famiglia, di cui appunto fanno parte anche anche i figli.

Il divorzio porta con sé la necessità di riorganizzare delle attribuzioni di ruoli. Ripartire i ruoli anche in modo diverso rispetto a come era stato fatto prima porta ad un’alterazione di quella che è la quotidianità dei vissuti di tutti i membri della famiglia, anche dei figli, porta alla necessità di trovare dei nuovi equilibri e, in questi nuovi equilibri, di trovare anche dei nuovi ruoli, dei nuovi modi di stare insieme.

Un momento di profonda incertezza

È un momento di profonda incertezza, soprattutto all’inizio. Le domande più frequenti dei figli sono “Adesso che cosa succederà di me? Dove andrò a vivere? Con chi starò? Potrò vedere ancora i miei amici?  Dove andrò a scuola? Dovrò cambiare la mia cameretta?”. Sono delle perplessità che un figlio ha, così come se le ha anche il genitore che si appresta a prendere una decisione così delicata e dolorosa.

Vale la pena ricordarlo, la separazione è un momento molto particolare e, proprio in virtù di questo momento di fragilità estremamente profondo, è importante mettersi all’ascolto dei propri figli. Non è sempre facile. Anzi, è difficile, soprattutto quando la separazione è vissuta ancora con molto dolore, non è consensuale, è conflittuale e un genitore si ritrova a dover fare i conti con le proprie energie.

Certo, mettersi all’ascolto di un figlio vuol dire rispettare i suoi tempi, vuol dire rispettare i suoi ritmi, vuol dire lasciare aperta una porta alle domande, senza però in qualche modo obbligare questa porta ad essere aperta, vuol dire mettersi a disposizione.

Perché in fondo i figli, quello che chiedono è “Aiutami a capire quello che sta succedendo, fai in modo che io possa essere rassicurato nei miei dubbi, dunque dammi la possibilità di poter parlare con te”.

I silenzi pericolosi

Quello che può capitare è che si creino dei silenzi che sono estremamente pericolosi. Da una parte, per i genitori possono diventare anche delle difese, degli scudi “No, non parlo, non apro le ferite, in fondo i figli non mi stanno chiedendo niente, perché devo andare io a chiedere?”. Ma ciò che è importante chiedersi è se davvero non ci sono delle domande, se davvero i figli non hanno la necessità di confrontarsi con i genitori, oppure se non lo fanno perché credono che non ci sia un terreno fertile per porre delle domande, per portare i propri dubbi, le proprie paure.

Perché, più che di domande, i figli hanno bisogno di portare i timori, hanno bisogno di rassicurazione. Non è che non ci siano temi di discussione con i genitori, non è che tutto vada bene, però un figlio capisce che per il genitore è troppo doloroso parlare, perché parlare vuol dire comunque confrontarsi con una ferita che è ancora aperta e i figli sono molto sensibili, molto attenti a quelli che sono gli atteggiamenti non verbali di un genitore. Un figlio tende a difendere, a proteggere un genitore, assumendosi una responsabilità che non è la sua. Il rischio è quello di tenere dentro, interrompendo quella che invece è una comunicazione più che mai necessaria.

Elaborare ciò che sta succedendo

Ciò non aiuta il figlio ad affrontare, ad elaborare il timore, la paura, la fantasia che può fare rispetto a quello che succederà. Noi sappiamo che le cose non risolte, non affrontate, non possono essere elaborate e si esprimono in un altro modo. Ecco che un bambino, per esempio, può incominciare a fare fatica a concentrarsi a scuola, oppure ci può essere dell’irascibilità. Per i bambini più piccoli ci può essere un disturbo del sonno, o fare la pipì a letto.

È dunque importante che i figli abbiano, in questo momento particolare, la possibilità di confrontarsi con i genitori, di dare un senso a quello che succede, di costruirlo insieme ai genitori.

Il rischio di imparare a non dire

Quando i figli percepiscono la conflittualità tra i genitori, quando capiscono che non c’è apertura né con un genitore né con l’altro, quando sentono che le loro domande rischiano di non avere una risposta, oppure che otterrebbero solo tutta una serie di informazioni capaci di inquinare il loro benessere, ma soprattutto di rovinare l’immagine dell’altro genitore, tacciono e non fanno più domande. Non fanno più domande non perché non abbiano delle cose da dire, anche delle cose da chiedere, ma perché preferiscono tacere. È pericoloso perché diventa anche una modalità che si replica, un modello di comunicazione che poi il figlio adotta.

I figli non sono mai troppo piccoli o troppo grandi

Talvolta i genitori si convincono che non sia necessario parlare con i figli perché sono troppo piccoli, oppure già grandi: “Ecco, sono piccoli, cosa vuoi che capiscano?” oppure “Ma sì, sono adolescenti, hanno già capito tutto prima di noi”. Queste sono delle difese, talvolta proprio dovute dal dolore dei genitori. È vero che il bambino piccolo non conosce il termine, la definizione di separazione, ma il bambino piccolo conosce l’assenza, conosce la mancanza. È vero, l’adolescente spesso e volentieri dice che aveva già capito che qualcosa non andava. Ciononostante l’adolescente ha bisogno di poter essere rassicurato sul fatto che, in un momento tanto delicato come quello della costruzione della sua identità, può contare sui suoi due punti di riferimento, che restano tali nonostante la conflittualità, nonostante le difficoltà, che sono a disposizione per lui, anche se non hanno sempre tutte le risposte.

Non bisogna avere tutte le risposte

Un altro problema che si pongono i genitori è non sapere cosa dire ai figli “Ma cosa gli dico? Cosa gli dico soprattutto se anch’io non so bene che cosa sta succedendo?”. Non è forse più importante la risposta di quanto invece non lo sia la possibilità di accogliere. I figli hanno prima di tutto la necessità di sentire di essere accolti nelle loro fragilità, a quel punto i genitori possono anche dire di non sapere ancora cosa sta succedendo, però possono dire di essere lì per loro, disposti ad ascoltarli e presenti in caso di bisogno.

Il primo desiderio dei figli

Se un figlio potesse esprimere un desiderio sarebbe quello di rivedere i genitori insieme. Col tempo, però, riescono a capire che anche la separazione va bene se, in fondo, i genitori sono felici e parlano anche più di prima. Dunque i figli fanno anche un esame di realtà interessante: “Posso accettare la separazione della mamma e del papà, io in fondo ho le risorse per farcela insieme a loro. Se loro mi aiutano. Ma non posso assolutamente accettare che loro litighino. Non posso accettare di continuare a immaginare due genitori che si fanno la guerra”. Queste sono le fatiche del figlio ed è questo che chiederebbe ai genitori “A me sta bene, però devono darmi un po’ di tempo affinché io mi possa abituare alla trasformazione in atto”.

Paura di perdere uno dei genitori

Un altro elemento che emerge sovente è quello della paura di perdere uno dei due genitori come conseguenza della separazione. I figli non soltanto hanno il timore di perdere la continuità con il genitore che vedranno meno, ma hanno anche paura di perdere il rapporto con la famiglia di quel genitore.

I figli hanno paura di perdere i genitori anche con l’arrivo di nuovi compagni, li preoccupa l’idea di aver meno tempo da poter passare insieme a causa dell’altra persona, che magari ha altri figli, oppure arriveranno nuovi figli.

E se poi mi piacciono?

Cosa succede se poi i nuovi compagni, i nuovi fratelli, piacciono? I figli possono sentirsi in imbarazzo nel dire all’altro genitore, che magari è in difficoltà a causa di una separazione conflittuale, che stanno bene con i nuovi membri della famiglia allargata.

Il senso di colpa dei figli

A volte i figli hanno paura di aver cointribuito in qualche modo alla separazione dei genitori, a causa del fatto che litigano per “colpa” loro, oppure hanno in mente singoli episodi o atteggiamenti che collegano alla decisione di lasciarsi. Il senso di colpa è molto pericoloso per i figli, anche perché attraverso il senso di colpa si danno il potere di poter decidere su cose che non competono loro.

È importante che sia chiaro ai figli che la decisione di separarsi è stata presa indipendentemente da loro, che non c’entrano nulla. È fondamentale rassicurare i figli che è qualcosa che li coinvolge, certo, ma che non dipende da loro, non sono loro i responsabili, non hanno questo potere.

Alla luce di tutte queste riflessioni quali sono gli elementi importanti affinché un figlio si senta sereno in una situazione dove c’è un divorzio?
Qual è l’organizzazione familiare che lo aiuta maggiormente?